In: Vita della Congregazione FSMI

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Padre Michele nacque a Monte Sant’Angelo (FG) il 1 settembre 1935, di Matteo e Maria del Vento; fu battezzato nella parrocchia di S. Maria del Carmine in Monte Sant’Angelo il giorno successivo alla nascita, 2 settembre 1935 e fu cresimato il 14 giugno 1946.

Entrò a Porto come aspirante il 19 ottobre 1949, presentato dal carissimo p. Domenico Pellegrino; a Porto frequentò il corso ginnasiale e nel 1955, ottenuta la licenza ginnasiale, fu ammesso al noviziato canonico che svolse a Roma, presso l’Istituto di via del Mascherone, sotto la sapiente guida del maestro p. Antonio Tramontana.

Il 29 settembre 1956 emise la prima professione dei voti di consacrazione religiosa e iniziò gli studi liceali presso l’Istituto Calasanzio in Roma. Nel settembre del ’59 professò i voti perpetui e proseguì la formazione presso Propaganda Fide (l’attuale Pontificia Università Urbaniana) in Roma avviandosi agli studi istituzionali di filosofia e teologia.

Successivamente ricevette i cosiddetti ordini minori della tonsura nel ’61, dell’ostiariato e del lettorato nel ’62, dell’esorcistato e dell’accolitato nel ’63 ed infine, nello stesso anno, gli ordini del Suddiaconato e del Diaconato.

Il 16 febbraio del 1964 fu ordinato presbitero nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di S. Ecc. Mons. Cesare Zerba, Arcivescovo titolare di Colossi, creato Cardinale l’anno successivo da Paolo VI.

Fu, quindi, assegnato alla Comunità di San Bartolomeo in Cagliari, dove si occupò della pastorale degli ammalati nell’ospedale civile e dell’insegnamento della religione nelle scuole statali.

Nel 1975 fu destinato a Fiumicino, come parroco dell’Ascensione. Nel ’77 fu trasferito a Praia a Mare (CS), ove fu parroco della Comunità S. Maria della Grotta.

Rientrò poi a Fiumicino nel 1983 e fu incaricato della parrocchia dei SS. Ippolito e Lucia in Porto.

Dal 1987 al 1989 fu parroco alla Comunità del Sacro Cuore di Oristano.

Nel 1989 fu destinato nuovamente a Fiumicino, vicario parrocchiale nella parrocchia S. Maria della Divina Provvidenza, ove rimase fino al 2015, quando, per motivi di salute, fu assegnato alla Comunità dello Studentato a Porto.

Quest’ultima parrocchia è stata la sua privilegiata palestra di comunione ecclesiale, dove si è mostrato così come egli era: uomo di poche parole, di riflessione e di meditazione, spesso alla ricerca del silenzio come “luogo” di rielaborazione della Parola, lasciandosi abitare e plasmare dalla presenza del Signore. Ha curato la sua vita spirituale nella fedeltà alla preghiera, nella quale ha trovato il terreno dell’obbedienza, della castità e della povertà, che poi ha tradotto in scelte di vita.

Fu solerte collaboratore dei Parroci che si sono avvicendati, attento a fare in modo che la vita cristiana potesse crescere nella Comunità in quantità e qualità. Si distinse per essere un testimone, umile e fiero al tempo stesso, capace di dar ragione della fede e della speranza cristiana, attento alle “cose essenziali” che stanno alla radice stessa del nostro essere cristiani.

Ogni volta che viene a mancare una persona cara, un confratello amato, ci chiediamo qual è il patrimonio spirituale che egli ci lascia. Questo vale anche per p. Michele, che con la sua vita integra di religioso e sacerdote, benvoluto ed apprezzato, ha vissuto il suo ministero sacerdotale con grande generosità, trovando nel Signore la ragione vera del suo impegno, della sua fatica, ma anche della sua serenità sacerdotale.

La sua presenza in Congregazione è stata sempre molto discreta, ma allo stesso tempo anche molto consistente. Non amava salire sul palcoscenico, non cercava i primi posti, non desiderava mettersi in mostra, ma restava “dietro le quinte” in modo umile, attento e coscienzioso. Eppure era gioviale ed affettuoso, sorridente e disponibile. Non ha mai lasciato prevalere nei suoi comportamenti superbia e arroganza, ricerca del protagonismo o carrierismo. Aveva un senso profondo e concreto dell’obbedienza, che gli veniva da quel suo spirito umile, e visse distaccato dai beni materiali, considerando sua parte di eredità solo Cristo Signore che lo aveva insignito della consacrazione religiosa e del presbiterato.

È stato sempre ben consapevole della vocazione ricevuta. Tante volte ha sentito dirsi dal Signore: «Io ho scelto voi, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Ha vissuto il suo ministero sacerdotale come chi si sente inviato a portare una parola che non è sua, ma di Dio, e l’agire da mediatore, facendo le veci del Signore, lo rendeva felice. Si vedeva da come viveva il ministero: accettata la chiamata del Signore, ne aveva fatto lo scopo della sua vita, un dono per tutti, ben consapevole del suo essere “servo”, un lavoratore nella vigna del Signore, che vede nel servizio la prima forma di carità.

Ascoltava con attenzione e rispetto i fedeli a lui affidati, li aiutava con pazienza a discernere il bene dal male, a liberarsi dalle opere sbagliate, a scegliere la verità, che è il bene compiuto in Dio.

Bastava poco per rendersi conto dello stile del suo servizio, fatto di impegno, di generosità, di zelo pastorale per le anime a lui affidate. Le sue mani hanno consacrato il pane di vita, benedetto e perdonato, aiutato e sostenuto, lavato e purificato i peccati, dispensando la misericordia di Dio. Il suo cuore ha amato ed accolto la Parola del Signore. La sua bocca ha annunciato il Vangelo della gioia, ha dato conforto, consigli di pace, di incoraggiamento e di consolazione. I suoi piedi hanno percorso le vie della città e dei paesi, dove l’obbedienza lo ha condotto, senza mai stancarsi.

È stato un uomo di Dio, perché uomo di preghiera. La sua intima esperienza di comunione di vita con Cristo è stata quotidianamente nutrita, sino alla fine, dalla fedeltà e dalla ricerca di spazi e tempi per la preghiera, che spesso si estendeva alla contemplazione, ed è stata aggiornata in continuità dalla confessione e da un prolungato esercizio di meditazione personale. Da lì viene tutto: la serenità nel dolore, la forza nella debolezza, la cordialità e la simpatia anche davanti alle incomprensioni, la premura per gli altri, soprattutto l’amore e la cura per i sofferenti, i malati, gli anziani e i poveri.

Quante volte questa fede avrà riacceso il suo impegno! Ogni giorno, ma soprattutto nei momenti difficili è stata proprio la fede a spingerlo e sostenerlo. E quante volte p. Michele l’ha indicata a tanti, con l’umiltà che lo caratterizzava, e quante volte l’ha donata e ridonata attraverso la sua parola, il suo sorriso, il suo esempio, i suoi occhi, nei sacramenti, nella predicazione, ma anche nella testimonianza, umanissima, che egli ha sempre dato.

Carissimo p. Michele, ci peserà il vuoto che lasci, ma non ti sentiremo lontano. Non ti sentirà lontano la tua Congregazione, che hai servito con rispetto, con mitezza e con passione, non ti sentiranno lontano i tanti fedeli che avevi vicino, che ti volevano bene, che desideravano il tuo bene e per i quali tu volevi il bene.

I tuoi genitori e i tuoi cari, i confratelli defunti, i tanti parrocchiani che hai accompagnato all’incontro con Dio, e soprattutto i malati, i sofferenti e i poveri, ai quali hai voluto particolarmente bene, siano ora i tuoi compagni nell’incontro con il Padre, perché arrivando alla porta del Paradiso sia accolto con le parole del Salmo: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Sal 118,26); e tu, a tua volta, ci possa benedire dalla casa del Signore, ormai raggiunta per sempre.

Il Signore ti dia pace, p. Michele , e ti accolga nelle sue braccia. Amen.

Estratto dalla Lettera di Famiglia 49

Autore: p. Roberto Amici – Superiore Generale FSMI

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