In: Risonanze

Padre Pio esortava tutti a visitarla. Wojtiła vi tornò a pregare da pontefice il 24 maggio 1987, dopo esservi stato da cardinale il 2 settembre 1974 e c’è una roccia con inciso un Tau ce ricorda la visita di S. Francesco d’Assisi.

La grotta di San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo sul Gargano, è il luogo sacro (eppure mai consacrato da mano umana) che racchiude da circa due millenni l’alchimia della fede, un mix fatto di pace interiore e armonia con il mondo.

Per guadagnarsi questo stato di grazia e riscoprire il senso dell’esistenza o rischiarne la parte che, ahimè!, si sta vivendo, la sera del 28 settembre, vigilia della festa degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, partono da vari centri del Promontorio i pellegrini diretti alla Celeste Basilica. È così dal V secolo compagnie di decine di devoti, organizzate da confraternite e associazioni, dopo il tramonto del 28 settembre, si danno appuntamento presso le chiese di Vieste, San Marco in Lamis, Manfredonia, Mattinata e altri centri, per riprendere quel cammino notturno di decine di km (30-40 in media) che li porterà a Monte, in tempo per la Messa del pellegrino che si celebra alle ore 12 del 29 settembre. Un gesto antico quanto suggestivo dà inizio all’impresa: tre colpi battuti forte con le nocche sulle porte degli edifici sacri.

La Pandemia, negli ultimi due anni, ha reso difficile mantenere questa tradizione ancestrale capace di catturare cuore e mente anche dei laici più granitici. Tuttavia in tanti si iscrivono ai pellegrinaggi, certo per fede, ma anche per curiosità, per partecipare alla scoperta di luoghi sconosciuti, vissuti tra i rumori insoliti delle ore di buio, animati dalle voci in preghiera, ma anche da chiacchiere per darsi forza, lungo i tratturi percorsi da pastori e greggi, fra salite, pianori, foreste e discese persino più insidiose, per gambe e piedi non abituati a muoversi per lunghi tratti. Ai pellegrini è richiesta soprattutto disposizione al silenzio e all’ascolto, ma è anche necessario che ciascuno porti con sé l’occorrente per una notte all’aperto: torcia, scarpe e abbigliamento adatto, cibo, acqua, bevande calde, bastone, gilet catarifrangente, senza lamentarsi dell’innegabile fatica. È questo lo stato d’animo innegabile per immergersi nell’atmosfera antica della grotta di San Michele, per percorrere la scalinata che introduce al santuario, quell’antro illuminato dall’altare, che alcuni raggiungono scendendo i gradini in ginocchio, in segno di penitenza.

Il culto di San Michele Arcangelo è molto legato all’aspetto penitenziale della fede. I nostri ultimi anni tribolati hanno cancellato quasi del tutto il folklore che accompagnava le “Compagnie”, primi fra tutti i pennacchi, allegri bouquet di piume colorate posti sul carretto e sui cavalli e portati a casa come prova di avere espiato la propria penitenza recandosi alla Grotta dell’Arcangelo.

Il Poverello d’Assisi sul Gargano

Era il 1222 quando San Francesco si recò in pellegrinaggio alla Grotta di San Michele e nel 2022 ricorrono 800 anni da quel prodigio. Sì, un evento straordinario perché il Poverello di Assisi, che la leggenda vuole si sentisse indegno di entrare nel Santuario, lasciò in quel luogo una traccia del suo passaggio: un Tau inciso in una delle pareti rocciose. La furia dei soldati napoleonici, nel 1799, travolse quella pietra, ma oggi nella Grotta vi è un’altra roccia che riproduce il simbolo lasciato da San Francesco.

Il futuro patrono d‘Italia aveva un’assoluta devozione per gli Arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele, ma per il “combattente alato” che domina il demonio con la spada sguainata San Francesco invocava preghiere più solenni. «Perché – diceva l santo umbro – ha il compito di presentare le anime a Dio». Impossibile non sentirsi convolti dal trasporto quando si visita la celebre Basilica del Gargano. Qui tutto parla di come ebbe origine e perché da secoli e secoli attira milioni di fedeli da tutto il mondo.

Si narra che fu il vescovo di Siponto, San Lorenzo Maiorano, al quale San Michele apparve, a recarsi con altri sette presuli pugliesi in processione su un’altura del Gargano e che, quando il corteo giunse a destinazione, fu tanta la meraviglia nel trovare già pronto un altare rudimentale coperto da un drappo rosso, con una croce sulla parete.

La grotta di San Michele non fu mai consacrata da mano d’uomo, ma dall’Arcangelo Michele stesso l’8 maggio del 490 (secondo altre fonti il 29 settembre 491). Da qui il titolo di Celeste Basilica (Crocifisso e statua, scultura marmorea cinquecentesca).

Dalla Rivista Risonanze 3-2022. p. 9s

Prof.ssa Anna Langone

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