Papa Francesco: «La vita lunga. Lezioni sulla vecchiaia», Solferino, Milano 2022
(presentazione di Vincenzo Paglia)
Il rispetto, la venerazione per gli anziani sono stati un dono prezioso all’umanità fin dall’antichità, basti ricordare le bellissime pagine di Cicerone e di Seneca sulla vecchiaia.
I cambi radicali nelle società occidentali, che hanno visto una netta prevalenza economicistica e individualista nel contesto sociale, hanno prodotto una certa distrazione nei riguardi della vecchiaia, considerata non più una ricchezza, ma un peso. E non solo ad Occidente, ma anche ad Oriente il virus della indifferenza verso i valori, di cui sono portatori i vecchi, si sta diffondendo. Proprio in questi giorni è apparsa una notizia che ha del fake: in Giappone qualcuno ha proposto il suicidio collettivo dei vecchi, per ringiovanire il Paese!
Il Vecchio Simeone, dal cuore giovane, e la Consolazione d’Israele
Nella Chiesa è stato san Giovanni Paolo II a restituire la dovuta attenzione agli anziani. La sua Lettera agli anziani del 1° ottobre 1999 è una sintesi storica esaustiva, nella sua chiarezza, della funzione spirituale degli anziani nelle varie epoche, alla luce del Vecchio e Nuovo Testamento, e che culmina in una breve, ma bella preghiera, che purtroppo non mi sembra molto diffusa:
«Dacci, o Signore della vita, di prenderne lucida coscienza e di assaporare come un dono, ricco di ulteriori promesse, ogni stagione della nostra vita. Fa’ che accogliamo con amore la tua volontà, ponendoci ogni giorno nelle tue mani misericordiose. E quando verrà il momento del definitivo “passaggio“, concedici di affrontarlo con animo sereno, senza nulla rimpiangere di quanto lasceremo. Incontrando Te, dopo averti a lungo cercato, ritroveremo infatti ogni valore autentico sperimentato qui sulla terra, insieme con quanti ci hanno preceduto nel segno della fede e della speranza. E tu, Maria, Madre dell’umanità pellegrina, prega per noi “adesso e nell’ora della nostra morte”. Tienici sempre stretti a Gesù, Figlio tuo diletto e nostro fratello, Signore della vita e della gloria. Amen»!
Ad una società volta solo all’utile e al produttivo giunge anche il monito di Benedetto XVI che, riconoscendo agli anziani ricchezza non solo dal punto di vista umano e sociale, ma anche da quello religioso e spirituale, esorta a respingere la tendenza all’emarginazione dei vecchi, sia nella collettività che nell’ambito familiare.
Diciotto catechesi e alcuni documenti dedicati agli anziani sviluppano un’analisi ricca di sensibilità e partecipazione su un non facile argomento; la lettura di essi è arricchita da una magistrale presentazione di Don Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, che inquadra storicamente la vecchiaia, i suoi valori e i suoi problemi.
«Se non si nasce dall’alto non s’incontra il Regno (Gesù a Nicodemo, Gv 3,1)
È proprio nelle catechesi che animano questo volume, che si delinea il pensiero di Papa Francesco sul dono-problema della vecchiaia.
Vero è che diminuiscono le energie, le malattie colpiscono duramente, ma se gli anziani si rendono consapevoli delle proprie potenzialità, che prescindono dalle condizioni fisiche, possono avere un ruolo importante nel reindirizzo dei giovani verso una esistenza che abbia un senso e non sia solo volta al consumo, al benessere materiale, priva di memoria del passato.
Papa Francesco, già come Arcivescovo di Buenos Aires, aveva mostrato particolare attenzione verso gli anziani che vivevano in estremo disagio in un momento difficilissimo per l’Argentina; divenuto Pontefice, dedicherà un ciclo di catechesi alla risorsa spirituale rappresentata dagli anziani nella vita attuale, alla luce della Bibbia.
Egli evidenzia come la durata della vita dei grandi personaggi biblici, a cominciare da Adamo, raggiunge una lunghezza impensabile per noi, quasi che Dio esigesse, all’inizio della storia della Salvezza, la compresenza di generazioni distanti, perché le une portassero il dono dell’esperienza alle altre, ancora inesperte, ma cariche di forza vitale.
Le figure di anziani nel Vangelo hanno una valenza particolare; sono icona dell’attesa del miracolo: Zaccaria ed Elisabetta, Gioacchino ed Anna, i due custodi del Tempio, Simeone ed Anna, verificheranno che la volontà del Signore può tutto.
«Non lasciarli soli». Hanno bisogno di continuare ad amarti
Il Papa osserva che il maggior discrimine tra gli anziani e i giovani è rappresentato dalla concezione del tempo: nella vecchiaia, per un fatto fisico, ma anche per il peso dell’esperienza, si è lenti. I giovani, invece, coinvolti dai mille richiami di una società utilitaristica, vivono il loro tempo di fretta, deconcentrati se non sugli interessi più diretti. Ed ecco che i vecchi diventano un ostacolo da bypassare. E così i giovani perdono quel contatto che potrebbe indirizzarli a cercare – e trovare – un senso della vita. Perdono quel contatto che li riannoda alle radici, che hanno generato la loro vita.
Qualcuno potrà dire che certe piante acquatiche vivono senza radici. È vero, ma i vegetali vivono solo una vita fisica.
Una maggiore comunicazione tra le generazioni, afferma Papa Francesco, aggiunge alla società l’umanità smarrita nell’ossessiva ricerca della velocità.
Papa Francesco ravvisa in Noè, che salva la vita della Terra dall’ira di Dio, la capacità salvifica dei vecchi, di coloro che hanno la sensibilità di comprendere che quella che sembra normalità è infettata dalla corruzione e cercano di traghettare i più giovani verso una normalità purificata dalla smania di possedere e di apparire.
Il Papa definisce questa vecchiaia generativa. «Mosè aveva centoventi anni quando morì. Gli occhi non gli si erano spenti ed il vigore non gli era venuto meno».
Chi – come Mosè – ha il dono della lucidità, può e deve trasmettere l’eredità della sua lunga esperienza di vita e di fede.
Nell’ottica del rapporto tra le generazioni, Papa Francesco volge lo sguardo all’ambito familiare, sottolineando il fatto che la cura dei vecchi non si limita all’accudimento, bensì al dovere di onorarli, di dare loro dignità, anche se la loro umanità va deteriorandosi.
Egli prende ispirazione dal bellissimo libro di Ruth, dove i luoghi comuni sui rapporti disarmonici tra nuora e suocera vengono stravolti. La saggezza di Noemi la spinge a consigliare alla vedova del figlio di rifarsi una vita, mentre il cuore di Ruth le diceva di rimanere accanto alla suocera, da lei vista come nuova madre.
La vecchiaia deve essere testimonianza. In un bel richiamo alla figura biblica di Eleazaro, che preferì la morte al gesto ipocrita di mangiare le carni suine, mantenendo in sé la fede, Papa Francesco evidenzia come un certo atteggiamento gnostico che scinde realtà spirituale da realtà materiale è uno dei mali del nostro mondo. È nella testimonianza che si manifesta la Fede: i giovani questo devono recepire.
Troppo si ironizza sulle pratiche religiose dei vecchi, non volendo vedere in loro la testimonianza. La fede cristiana è realistica, non è soltanto dire il Credo, ma pensare il Credo, è sentire il Credo, è fare il Credo.
Nell’età avanzata di Giuditta e Giobbe Papa Francesco sente la sublimazione della vita, che ha un inizio audace e coraggioso nell’una, drammatico e inquieto nell’altro, ma che, nella generosità e nella saggezza raggiunta dalla prima e nell’abbandono al Signore nella vecchiaia di Giobbe, c’è il compimento perfetto dell’esistenza.
Magistrale, nel contenuto e nell’espressione, è la catechesi su Qoelet, visto attraverso la società contemporanea, dove una ragione impazzita, resa cinica da un eccesso di ideologia, apre un vuoto di senso e di forze, che porta alla paralisi dell’anima.
«La vecchiaia può imparare dalla saggezza ironica di Qoèlet l’arte di portare alla luce l’inganno nascosto nel delirio di una verità della mente priva di affetto per la giustizia. Gli anziani ricchi di saggezza e di umorismo fanno tanto bene ai giovani»!
Il richiamo ad alcuni passi del Vangelo illumina il rapporto con la fede nella vecchiaia. Nell’episodio di Nicodemo Gesù spiega la morte come nascita ad una nuova vita. E la fede dà un senso alle parole di Cristo: Vado a prepararvi un posto… (Gv 14,1-9).
Il dialogo tra Gesù risorto e Pietro (Gv 21,17-23) fa riflettere sul rapporto tra Gesù e i discepoli e interpella gli anziani sulla capacità di mantenere un atteggiamento aperto, franco, ma di grande tenerezza verso i giovani e di gioioso commiato dalla vita, nella consapevolezza del dono di un’esistenza intensamente vissuta.
I documenti degli incontri e messaggi relativi alla vecchiaia riprendono i temi svolti nelle catechesi, sempre con tanta vitalità ed immediatezza.
Questo è un libro che va letto, non solo dagli anziani, che saranno aiutati a farsi una ragione del proprio declinare, ma anche da chi anziano non è, per comprendere una generazione non sempre compresa, quando non accettata.
Tratto dalla Rivista Risonanze 1-2023, p. 28-31.
a cura di Flavia Coccoli
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